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Bitcoin vs. Libra: il parere della Consob

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Il percorso di Libra, la nuova criptovaluta ideata da Facebook, in rampa di lancio per il 2020, almeno in linea teorica, sembra essere decisamente in salita. Il mondo della finanza internazionale è in subbuglio, soprattutto perché ancora oggi non è in grado di prevedere l’impatto della valuta digitale voluta da Mark Zuckerberg sul mercato globale.

La complicata gestione dell’ingresso di un attore così qualificato sul palcoscenico finanziario internazionale è stata affidata – come è logico che sia – prevalentemente alla politica. E così, mentre le compagnie che si occupano di finanza online aggiornano preventivamente le loro policy (si veda, a titolo di esempio, il modo di gestire il mercato delle criptovalute di Plus500, uno degli operatori più qualificati del settore), i governi cercano di preparare il terreno all’ingresso di un nuovo protagonista sulla scena economica.

Gli Stati Uniti stanno affrontando di petto la situazione, dal momento che il dollaro è ancora oggi la valuta di scambio internazionale privilegiata dai mercati, ma anche perché, essendo Facebook un’azienda con sede negli USA, le prime ricadute di Libra si avranno, verosimilmente, sul mercato americano. Tuttavia, come tutte le criptovalute, anche Libra avrà libera circolazione in tutto il mondo, e pertanto la sua presenza potrebbe diventare capillare virtualmente ovunque. Di conseguenza, anche gli altri governi, sia nazionali che sovranazionali, sono al lavoro per esaminare eventuali problematiche e individuare delle soluzioni.

Il caso italiano è, in tal senso, peculiare. Perché da un lato c’è la sponda dell’Unione Europea, di cui l’Italia fa parte e che in qualche modo influenza, almeno in parte, le decisioni degli stati membri, soprattutto sul piano economico. E perché dall’altro c’è la Consob, che in quanto organo nazionale di vigilanza ha una forte voce in capitolo in merito alla regolamentazione che attiene all’ingresso di nuove valute di scambio sul mercato borsistico italiano.

A tal proposito, suscitano più di una riflessione le parole pronunciate di recente dal Presidente della Consob, Paolo Savona, sulla galassia delle criptovalute. Il suo pensiero è netto e non sembra ammettere repliche: se si tratta di valute a tutti gli effetti, uno stato sovrano dovrebbe detenerne il monopolio, se invece non hanno le caratteristiche di una moneta devono comunque essere regolate e sottoposte al controllo delle autorità competenti, con pieno potere di intervento da parte di queste ultime in caso di necessità. Una posizione che non ha mancato di suscitare reazioni talvolta opposte, tra il sollevato (da parte di chi teme una deregulation selvaggia) e il preoccupato (sulla sponda di chi, al contrario, paventa un mercato eccessivamente imbrigliato).

Ma Savona non si è limitato a esprimersi in termini generici sulle criptovalute. Il Presidente della Consob ha anche evidenziato come esistano delle differenze sostanziali tra Libra e altre criptovalute come i Bitcoin. Questi ultimi, infatti, si propongono come un’entità pienamente controllabile e gestibile, dato che il loro quantitativo è contingentato sin dall’inizio (21 milioni di unità), mentre Libra al momento sembra offrirsi sul mercato senza limiti apparenti di riserva. Infine, Savona ha criticato alcune apparenti opacità di Libra, che sembrano rendere altamente problematico un controllo sistematico sugli investimenti.

Le perplessità espresse dalla Consob – in quanto Savona parlava non solo a titolo personale, ma in ragione del ruolo istituzionale che ricopre – riecheggiano quelle che molti analisti finanziari stanno palesando a fronte dell’ingresso di Libra sul mercato. E che, anche dopo l’ultima audizione di Mark Zuckerberg al Congresso americano, sembrano ancora lungi dall’essere cancellate.

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